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Un concerto solenne, alla presenza del Presidente della Repubblica, per onorare i caduti del Coronavirus. Si terrà domani a Bergamo, con le immortali note di Gaetano Donizetti. E sarà un momento particolarmente duro per colui che si troverà a suonare in uno dei concerti più duri della sua vita e della sua carriera.
“Il Requiem a Bergamo domani sarà per tutti noi un momento per salutare fisicamente i nostri morti, scomparsi per il Coronavirus. Tanti bergamaschi hanno visto i propri cari andare via in una bara in un camion dell’esercito. O, come nel caso di mia sorella, entrare in un ospedale, mandare due messaggi su WhatsApp, sparire e tornare in una bara chiusa. È un modo per salutarli, cosa che non siamo ancora riusciti a fare. Siamo sospesi in una situazione surreale“. Queste le parole di Ezio Rovetta, orchestrale di lunga esperienza e docente al conservatorio di Como. Sarà lui domani a eseguire, davanti a Sergio Mattarella, la Messa solenne da Requiem di Donizetti.
“Siamo umani, cose terrene come un funerale ci servono. Ti vengono anche mille dubbi, chi ci sarà in quella bara? Visto che con tutte queste morti potrebbero anche esserci stati problemi logistici. Io suonerò per mio papà e mia sorella, entrambi morti di Coronavirus. Certo. Ma non solo per loro“, racconta commuovendosi. “Domani sarà un momento un po’ delicato. Per me personalmente, ma per tutti i bergamaschi. Se dovessero scendermi due lacrime, credo che possano solo farmi bene“.
Quindi un appello: “Siccome l’egoismo delle persone è diventato un virus più grave del Coronavirus, il senso dell’io e di pensare solo a se stessi è diventato normale. Mi piacerebbe che questo concerto facesse invece capire alla gente che l’amore verso gli altri e la solidarietà sono importanti. Se non prendiamo questo dramma come un’occasione per migliorare, perdiamo una grande occasione. Io personalmente mi sento molto cambiato, dentro“.
Il messaggio che Ezio si aspetta di mandare con l’esibizione di domani è “di abbandonare gli interessi individuali, anche della politica, e aprirsi agli altri“. Questa la preghiera che arriva da Bergamo, una delle città che il Coronavirus ha piegato in maniera più severa.
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