Coronavirus, 25 aprile di guerra nella trincea della terapia intensiva

Quello di quest’anno è un 25 aprile molto particolare per gli operatori sanitari che stanno lottando con tutte le loro forze per arginare l’emergenza Coronavirus. E Sergio Livigni, responsabile del coordinamento delle terapie intensive dell’unità di crisi della Regione Piemonte, vive la Festa della Liberazione nella trincea delle corsie di ospedale. Al San Giovanni Bosco di Torino la terapia intensiva è una guerra, che sia il giorno della Liberazione o no. “Se consideriamo la Liberazione una liberazione dal virus, anche se dovremo ancora continuare a conviverci per un po’, siamo tutti in trincea – afferma il medico -. Dal 22 febbraio siamo stati tutti inseriti in questa emergenza e non ci sono più weekend e festività, siamo qui tutti i giorni come oggi”.

Come in guerra

“Come in una guerra si sono attivati tutti, è una situazione di isolamento che ho patito molto – spiega Livigni -. Oggi è il 25 aprile ma per me è un giorno come un altro. Questo è il mio lavoro, però, è giusto che si lavori così, come fanno tutte le persone che credono in quel che fanno e si impegnano, come tutte le figure che combattono contro questa emergenza”. Livigni si è poi soffermato sulla situazione delle unità di terapia intensiva: “La terapia intensiva è dove sono estremizzate le situazioni, dove ci sono i pazienti più critici e dove la percentuale di mortalità è purtroppo più alta – dice -. Ma non dimentichiamo altre strutture, come le Rsa, che si possono definire anch’esse trincee”.

Guardare all’immediato futuro

Il medico dà la sua opinione anche sulla prospettiva legata alla cosiddetta Fase 2: “Dobbiamo prepararci ad affrontare questa seconda fase con attenzione, senza superficialità – dice il dottor Livigni -. Dobbiamo abituarci a convivere con questa nuova situazione e penso che con grande prudenza si possa iniziare a ripartire. Il mio lavoro? Già di norma impegna sabato, domenica e festività, quindi per me non è tanto diverso. Più in generale, però, avverto la necessità di riaprire le relazioni con le altre persone”.

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