Don Roberto Malgesini, ‘prete degli ultimi’, è stato ucciso martedì mattina in centro a Como. Aveva 51 anni. A sferrare le coltellate mortali sarebbe stato un senzatetto di origini straniere con problemi psichici che si è poi costituito ai Carabinieri. Lo riferisce l’Ansa, dopo averlo appreso dalla diocesi di Como. L’uomo che ha ucciso don Roberto è un tunisino di 53 anni con vari decreti di espulsione alle spalle dal 2015. Don Malgesini era conosciuto nella città per il suo impegno a favore dei migranti. Il vescovo Oscar Cantoni è arrivato sul luogo dell’omicidio, dove era presente anche il sostituito procuratore Massimo Astori.
Como: le ultime ore di Don Roberto Malgesini
Don Roberto Malgesini, secondo le prime ricostruzioni, si stava preparando al suo giro di distribuzione delle prime colazioni a Como. Sotto la sua casa alla canonica di San Rocco c’era ancora la sua Fiat Panda grigia, carica di tutto l’occorrente. Gli inquirenti sospettano che l’omicida stesse aspettando il prelato. I due si conoscevano e risulta che fossero in buoni rapporti. Al momento non sono emersi testimoni dell’accaduto.
L’omicida ha ferito mortalmente don Roberto con diverse coltellate. Fatale una che lo ha colpito al collo. Subito dopo è andato autonomamente a costituirsi alla vicina caserma dei Carabinieri, a soli 400 metri dal luogo del delitto a Como.
Con il trascorrere delle ore moltissime persone (in gran parte stranieri) si sono recati davanti alla parrocchia nella piazza di San Rocco per salutare don Malgesini. Il sindaco di Como Mario Landriscina ha annunciato il lutto cittadino. “Grande dolore per un sacerdote che ha donato la vita a Gesù per gli ultimi“, il commento del vescovo Oscar Cantoni.
Le polemiche con la giunta e il ricordo della Caritas
Le attività di don Roberto Malgesini non erano sempre state vissute con benevolenza da parte della giunta comunale a guida leghista. I vigili urbani di Como lo avevano multato proprio per le colazioni regalate ai senzatetto. La Lega aveva anche proposto di chiudere il portico dell’ex chiesa San Francesco con una grata.
“La città e il mondo non hanno capito la sua missione. Questa tragedia è paragonabile a un martirio. Era cosciente dei rischi che correva, e voleva trasmettere un messaggio cristiano attraverso la vicinanza a queste persone. Spero che questo suo martirio possa contribuire allo svelenamento della società“, ha raccontato a ‘La Stampa’ il direttore della Caritas diocesana di Como, Roberto Bernasconi.