Chiara Appendino, sindaca di Torino, è stata condannata a un anno e sei mesi, con sospensione condizionale della pena, nel processo con rito abbreviato per i fatti di piazza San Carlo. Il processo tenuto nel Tribunale di Torino si riferisce ai fatti del 3 giugno 2017. In quella serata ci fu un’ondata di panico collettivo tra la folla che stava assistendo alla finale di Champions League tra Juventus e Real Madrid. Tutto questo causò il ferimento di oltre 1500 persone e la morte di due donne. Erano Erika Pioletti, deceduta in ospedale dopo una decina di giorni, e Marisa Amato, rimasta tetraplegica e spirata nel 2019.
Nel processo, oltre a Chiara Appendino, hanno ricevuto la stessa condanna sempre in primo grado il suo ex capo di gabinetto Paolo Giordana, l’allora questore Angelo Sanna, l’ex presidente di Turismo Torino (l’agenzia che prese in carico la creazione dell’evento) Maurizio Montagnese ed Enrico Bertoletti, professionista che si occupò di parte della progettazione. Per tutti l’accusa è di disastro, omicidio e lesioni colpose.
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“Ovviamente accetto e rispetto la decisione del giudice, soprattutto per il ruolo istituzionale che ricopro, ma non posso non nascondere una certa amarezza perché c’è un sindaco che paga il gesto folle di alcuni ragazzi già condannati in Appello. Quello che è accaduto è un dolore che porto con me e così lo fa la Città, i processi non incidono sull’aspetto personale. Attendiamo le motivazioni ma sicuramente procederemo con l’Appello“. Così Chiara Appendino, sindaca di Torino, condannata oggi in tribunale a Torino nella sentenza di primo grado per il processo sui fatti di piazza San Carlo.
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“Adesso aspettiamo le motivazioni della sentenza, senza cui non si può dire nulla. Rispettiamo le sentenze ma questa situazione la accettiamo a fatica perché la sindaca ha dato patrocinio a un evento. Punto. Ci sono responsabilità vere e altre di posizione, che non sono di ordine penalistico. Non capisco quindi la corsa a voler fare il sindaco, un mestiere pericoloso. Perché non è giusto che un fatto che lo stesso consulente ha detto prevedibile nella prima reazione debba essere pagato da chi ha deciso con un atto politico che la manifestazione si potesse fare. Per me nessuna responsabilità deve ricadere su un sindaco in questi casi“. Così Luigi Chiappero, avvocato della sindaca Appendino.
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“Il concetto fondamentale è che uno che ha servito lo stato per 47 anni oggi rispetta la sentenza, poi decideremo che strada intraprendere. Io non posso giudicare me stesso nel momento in cui c’è stato un giudice che ha valutato il mio comportamento”. Così l’ex questore di Torino Angelo Sanna, condannato insieme alla sindaca Chiara Appendino nel processo di piazza San Carlo.
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“Benissimo, proprio oggi nel Giorno della Memoria abbiamo un ottimo risultato perché sono stati tutti condannati con la stessa pena di un anno e sei mesi con condizionale. Sono state ammesse tutte le parti civili rimaste. È una vittoria a 360 gradi. Grande emozione, vista anche la mia responsabilità avendo più parti civili è veramente una grande emozione e soddisfazione anche perché l’impegno è stato enorme”. Così Caterina Diafona, avvocato che rappresenta le parti civili nel processo di Piazza San Carlo.
Il 3 giugno 2017, in piazza San Carlo a Torino, doveva esserci una grande festa popolare. Certo, una festa che avrebbe dovuto contemplare per tutti i tifosi bianconeri presenti la vittoria della Juventus nella finale di Champions League contro il Real Madrid. Ma, purtroppo, la gioia di potere vedere in grande compagnia la partita terminò drammaticamente (e non sportivamente parlando) alle ore 22.15. Poco dopo il terzo goal del Real.
A seguito, infatti, del comportamento di un gruppo di malviventi che utilizzavano spray urticante per aprirsi la strada dopo aver razziato oggetti di valore tra il pubblico, si scatenò il panico. I presenti, presi dal terrore (anche a causa di recenti notizie di attentanti che sconvolsero l’Europa) hanno creato, nel fuggire, una calca che ha provocato più di 1500 feriti e due morti. Senza contare anche un terzo uomo, Anthony Bucci, scomparso dopo un calvario durato due anni e mezzo e l’amputazione di un piede.
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