Oggi, il presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha voluto celebrare la giornata nazionale delle vittime innocenti delle mafie e l’anniversario dell’uccisione di don Peppe Diana, recandosi a Casal di Principe per rendere omaggio alla figura del sacerdote ucciso dal clan dei Casalesi 29 anni fa. Ecco nel dettaglio la sua storia.
Don Giuseppe Diana fu un sacerdote, scout e attivista antimafia. Visse negli anni del dominio camorristico dei Casalesi sul territorio, dominio legato in particolare a Francesco Schiavone detto Sandokan. Venne ucciso dalla camorra nel giorno del suo onomastico, il 19 marzo del 1994, perché “colpevole” di dire apertamente no alla camorra invitando il popolo a rialzare la testa in un periodo in cui le cosche dettavano legge sul territorio casertano. Due killer lo uccisero brutalmente in chiesa, alle 7:30, mentre era nella sacrestia della parrocchia di San Nicola di Bari e si preparava a celebrare la messa. Venne colpito in testa da due colpi di pistola. Morì sul colpo. Nella parrocchia di San Nicola si celebra da 29 anni alle 7:30 la messa “mai celebrata” da don Peppe. La sua morte per mano delle camorra fece scalpore in Italia e in Europa. Anche Papa Giovanni Paolo II ne parlò durante un Angelus nel 1994.
Il suo scritto più famoso fu la lettera “Per amore del mio popolo”, un manifesto dell’impegno contro il sistema criminale. La figura di don Peppe è ampiamente raccontata anche da Roberto Saviano in Gomorra e in molti altri interventi.
“La Repubblica Italiana considera prioritaria la lotta a tutte le mafie. La mafia è violenza ma, anzitutto, viltà. I mafiosi non hanno nessun senso dell’onore né coraggio. Si presentano forti con i deboli. Uccidono persone disarmate, organizzano attentati indiscriminati, non si fermano davanti a donne e a bambini. Si nascondono nell’oscurità“, ha dichiarato oggi a Casal di Principe il presidente della Repubblica Mattarella, per poi dedicare un lungo e sentito discorso a don Diana.
“Don Peppino era un uomo coraggioso, un pastore esemplare, un figlio della sua terra, un eroe dei nostri tempi, che ha pagato il prezzo più alto, quello della propria vita, per aver denunciato il cancro della camorra e per aver invitato le coscienze alla ribellione. Don Diana aveva capito, nella sua esperienza quotidiana, che la criminalità organizzata è una presenza che uccide persone, distrugge speranze, alimenta la paura, semina odio e ruba il futuro dei giovani. Usava parole “cariche di amore” come ha ricordato Maria. Parole chiare, decise, coraggiose. Dopo l’uccisione di un innocente scrisse: “Non in una Repubblica democratica ci pare di vivere ma in un regime dove comandano le armi. Leviamo alto il nostro No alla dittatura armata“, ha riferito. Lo ha ricordato anche il presidente nazionale di Libera Don Luigi Ciotti, che ha spiegato “che don Peppe aveva il coraggio della parola e alzava la voce contro ciò che non riteneva giusto. Era inoltre capace
di testimoniare anche l’altra ‘Parola’, quella di Dio, ed erano parole difficili perchè chiamavano il male per nome“.
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