A San Giorgio di Piano, pochi chilometri da Bologna, nasceva il 21 febbraio 1921 Giulietta Anna Masina, l’indimenticabile musa di Federico Fellini. Giulietta morì il 23 marzo del 1994, a pochi mesi dalla scomparsa di suo marito, il Grande Riminese.
L’identificazione di Giulietta con il marito è automatica, ma a cent’anni dalla sua nascita non va dimenticato il suo ruolo nel cinema nostrano. Insieme ad Anna Magnani, Masina infatti è stata una delle grandi protagoniste dell’epoca. Anche lei, con i suoi copioni, contribuì a portare fuori dall’epoca fascista Cinecittà, dando vita allo splendore riconosciuto alla produzione romana a livello internazionale.
Il suo profilo come attrice nacque per il piccolo schermo, ma le apparizioni memorabili in “Senza pietà” (1948) di Alberto Lattuada, ne “La strada” (1954), o ancora “Nella città l’inferno” di Renato Castellani del 1958 e “Frau Holle” (1986) di Juraj Jakubisko, segnano un percorso di successi anche sul grande schermo.
I ruoli che si vide assegnare furono, forse troppo spesso, di mondana e prostituta, o mera vittima del maschilismo dell’epoca, ma Giulietta Masina era altro. Una donna ricca di valori e segreti, rappresentate dell’umanità migliore, che concede sempre una seconda possibilità, anche per ai più sfortunati.
Dopo il teatro universitario a Roma, Giulietta nel 1942 avvia la carriera radiofonica. Al fianco di Angelo Zanobini prestano la voce a Cico e Pallina all’interno della rubrica “Il terziglio“. Proprio qui conobbe Federico Fellini, che per la striscia scisse le scenette. Il 30 ottobre del 1943 Fellini e Masina si sposarono per eludere la chiamata alle armi del giovane Federico. Nel 1945 la tragica perdita del figlio, Pier Federico, morto che aveva solo 11 giorni.
Giulietta Masina torna così in Università, si laurea in lettera e sale sul palcoscenico con un giovanissimo Marcello Mastroianni in “Angelica” di Leo Ferrero.
Nel 1948, recita al fianco di Carla Del Poggio, moglie di Alberto Lattuada in “Senza pietà“. L’interpretazione di Marcella, prostituta dal cuore d’oro, la rese celebre. Tanto da continuare la carriera in “Persiane chiuse” di Luigi Comencini, “Wanda la peccatrice” di Duilio Coletti, come Cabiria ne “Lo sceicco bianco” e in molti altri.
Recita fino al 1991, dove appare in “Un giorno forse” di Jean-Louis Bertuccelli. Un’ultima apparizione per dare l’addio alle scene.
Dall’ospedale, Federico Fellini scrisse: “Giuliettina mia adorata, sei sempre una ragazzetta in gambissima e insieme con il tuo vecchierello faremo ancora qualche ‘pastrocchio’. Con te vicino sono ancora capace di fare capriole”.
Al suo funerale l’orchestra dell’opera di Roma intonò l’aria di Nino Rota per il balletto de “La strada“, la stessa suonata per quello del marito, il Grande Federico.
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