Caso Ramy, ecco perché i carabinieri rischiano di essere indagati per omicidio volontario

Attualmente, tre carabinieri sono sotto indagine: il vicebrigadiere alla guida del veicolo è accusato di omicidio stradale, mentre due colleghi sono indagati per falso e depistaggio

Il caso di Ramy Elgaml, un giovane di diciannove anni morto la notte del 24 novembre scorso a Milano, ha riacceso un acceso dibattito sull’operato delle forze dell’ordine e sulla responsabilità che queste ultime hanno quando si trovano ad affrontare situazioni ad alta tensione. La procura di Milano sta valutando l’ipotesi di omicidio volontario con dolo eventuale per i carabinieri coinvolti nell’incidente, un’eventualità che potrebbe portare a conseguenze significative per gli uomini dell’Arma.

L’incidente e le sue dinamiche

L’incidente si è verificato in via Quaranta, all’angolo con via Ripamonti, nel quartiere Corvetto, durante un inseguimento di otto chilometri che ha visto protagonisti tre auto dei carabinieri e uno scooter guidato da Fares Bouzidi, amico della vittima. Secondo quanto emerso dall’inchiesta, i carabinieri avrebbero incitato a “stringere” il veicolo a due ruote, portando a una collisione fatale che ha causato la morte di Ramy. Le immagini dell’inseguimento, diffuse al TG3, hanno mostrato non solo la dinamica dell’incidente, ma anche il comportamento dei militari durante la fuga.

Le indagini in corso e le accuse rivolte ai carabinieri

Attualmente, tre carabinieri sono sotto indagine: il vicebrigadiere alla guida del veicolo è accusato di omicidio stradale, mentre due colleghi sono indagati per falso e depistaggio, accusati di aver tentato di alterare le prove cancellando un video girato da un testimone. Le prove raccolte, compresi i filmati delle telecamere di sorveglianza, potrebbero aggravare la posizione di alcuni dei carabinieri coinvolti.

La questione giuridica

Le leggi italiane prevedono che l’omicidio volontario con dolo eventuale si verifichi quando un individuo, pur non avendo l’intenzione di causare un risultato fatale, accetta che questo possa verificarsi come conseguenza delle proprie azioni.

In questo caso, la condotta dei carabinieri, che avrebbero speronato lo scooter, potrebbe configurarsi come tale. Il legale di Fares Bouzidi, Marco Romagnoli, ha affermato che vi sono sufficienti elementi per considerare la questione sotto questa angolazione giuridica.

Polemiche e reazioni

La diffusione delle immagini e dei dialoghi tra i carabinieri ha suscitato indignazione e polemiche. I video mostrano chiaramente momenti cruciali dell’inseguimento e le frasi pronunciate dai militari, suscitando interrogativi sulla loro professionalità e sul rispetto delle procedure operative. Ilaria Cucchi, sorella di Stefano Cucchi, ha scritto una lettera al comandante generale dell’Arma, chiedendo la sospensione dei carabinieri coinvolti, evidenziando che “c’è chi non merita di indossare la divisa”.

Le reazioni politiche tra accuse e solidarietà ai carabinieri

Le reazioni politiche si sono moltiplicate. Marco Grimaldi, vicecapogruppo di Avs alla Camera, ha paragonato l’accaduto a episodi di violenza poliziesca avvenuti in altri contesti, sottolineando la necessità di fare piena luce sulla situazione. Anche il segretario di +Europa, Riccardo Magi, ha espresso preoccupazione per il clima di insicurezza che potrebbe emergere da questa vicenda, criticando la retorica securitaria che ha caratterizzato la recente gestione della sicurezza pubblica.

Dall’altro lato dello spettro politico, alcuni rappresentanti della maggioranza, come Riccardo De Corato di Fratelli d’Italia, hanno difeso l’operato dei carabinieri, sottolineando che l’incidente è avvenuto dopo che i giovani avevano forzato un posto di blocco, aggiungendo che Ramy non indossava il casco al momento della caduta. Questa posizione rispecchia un approccio più difensivo nei confronti delle forze dell’ordine, che in situazioni di emergenza possono trovarsi a prendere decisioni drastiche.

Un punto di svolta per la responsabilità delle forze dell’ordine

Silvia Sardone, eurodeputata della Lega, ha parlato di “linciaggio mediatico indecente”, difendendo l’operato dei carabinieri e minimizzando la gravità delle accuse di omicidio volontario, sostenendo che le frasi ascoltate nei video derivano dalla tensione di un’operazione complessa. Queste dichiarazioni evidenziano un crescente divario tra le varie forze politiche e l’opinione pubblica riguardo il ruolo e la condotta delle forze dell’ordine.

Il caso di Ramy Elgaml non è solo un incidente tragico, ma un punto di svolta per la discussione sulla responsabilità delle forze dell’ordine e sulla necessità di una maggiore trasparenza e responsabilità. La questione solleva interrogativi fondamentali sul bilanciamento tra sicurezza e diritti civili, un tema che continua a essere al centro del dibattito pubblico in Italia. Con l’inchiesta che avanza e nuove prove che potrebbero emergere, la società italiana si trova di fronte a una sfida cruciale: comprendere e affrontare le implicazioni di questo tragico evento, per garantire che simili incidenti non si ripetano in futuro.