Molto spesso il bullismo viene associato al semplice conflitto, ma in realtà si tratta di fenomeni che se da un lato possono avere un’iniziale contiguità, dall’altro sono effettivamente diversi. Scopriamo il perché e come riconoscerlo.
Ci sono almeno tre differenze che distinguono il bullismo dal classico litigio: la prima differenza sta in quello che si può chiamare asimmetria del potere.
Infatti nella dinamica del litigio c’è sempre un sostanziale equilibrio di potere, mentre al contrario nel caso del bullismo c’è uno squilibrio: ad esempio, un gruppo contro un singolo, oppure un ragazzo più grande contro uno più piccolo, oppure una sorta di asimmetria legata alla temporalità in un ambiente, quando il bullo se la prende con l’ultimo arrivato in una squadra di calcio oppure a scuola.
Questo aspetto è importante da far notare ai ragazzi perché la ripetizione dell’atto di bullismo crea tutta una serie di ferite che vanno ad avvelenare il cuore e la mente del proprio compagno.
Mentre per lo studente che agisce il bullismo la dinamica si può esaurire anche in pochi minuti, nella vittima del bullismo questo virus, questo veleno, penetra nei pensieri, nelle emozioni, nello sguardo sul mondo. I bambini e i ragazzi vittime del bullismo iniziano ad avere uno sguardo sul mondo spaventato, angosciato, terrorizzato, inibito.
La terza caratteristica del bullismo è l’intenzionalità, ma questo aspetto secondo me crea degli equivoci. I teorici dicono che c’è veramente bullismo se Paolino, che prende in giro Paolina, vuole veramente ferire, umiliare, mortificare in modo crudele la propria compagna.
Secondo me, però, questa dimensione riguarda soltanto alcune tipologie di bullismo e non tutte, quindi non deve essere un elemento fondativo del bullismo.
Nel.90% dei casi molti ragazzini agiscono il bullismo non secondo una crudeltà marcatamente intenzionale, ma avevano un comportamento crudele e sbagliato ma all’interno di una inconsapevolezza emotiva.
Questi bulli, quando facevamo attività come “l’angolo dei chiarimenti” o “la pausa dei sentimenti” in cui si condividevano le emozioni e i sentimenti causati da tali comportamenti, spesso rimanevamo sinceramente stupiti, mortificati nel rendersi conto di quanto davvero avevano ferito l’altro in profondità.
Sappiamo bene quanto la dimensione del gruppo, la dimensione dell’amicalità, ma anche la dimensione della visibilità siano fondamentali nella pre-adolescenza.
Il pre-adolescente ha bisogno di rendersi visibile e a volte, nel terrore dell’invisibilità, emerge in maniera scoordinata e bullistica, aggressiva nei confronti di un compagno o una compagna. Ma la sua cecità etica non è tanto legata a una forma di espressa crudeltà, cioè non si vuole mortificare l’altro.
Piuttosto, non si riesce a vedere l’altro nella misura in cui si è alle prese con i faticosi compiti evolutivi di diventare adolescente e assumere un ruolo nel gruppo.
Se la letteratura classica quindi ci indica tre condizioni che devono coesistere per poter parlare di bullismo, secondo me gli elementi più importanti sui quali dobbiamo far riflettere i nostri studenti e ragazzi sono la ripetitività nel tempo e lo squilibrio di potere.
L’aspetto dell’intenzionalità specifica, invece, rischia di offrire ai ragazzi una possibilità di difesa non responsabile nella misura in cui il ragazzino dice: “Io non volevo fargli male, non volevo ferirlo e quindi se non volevo ferirlo non è bullismo”.
Un altro passo è saper distinguere le diverse tipologie di bullismo. Nel bullismo verbale non faccio una semplice battuta all’amico ma lo prendo in giro, e magari lo prendiamo in giro in più di uno, ripetutamente.
Il bullismo fisico non implica solamente le botte, lo schiaffo, lo spintone. Attenzione, si parla di bullismo fisico anche quando ci sono minacce di botte, di rottura di oggetti personali, ripetute nel tempo.
La terza tipologia di bullismo, molto spesso sottovalutata, è il bullismo di esclusione, dove l’aggressività del bullo si manifesta in modo indiretto, non includendo il compagno nel gruppo.
Se oggi faccio una festa con quattro amici e non invito Paolino è una scelta libera, ma se sistematicamente Paolino viene escluso (dal gruppo di whatsapp, dalle chiacchiere all’intervallo, dal trovarsi tutti i pomeriggi) siamo ancora di fronte al tema della ripetizione nel tempo, dell’avvelenamento del cuore, della mente, dello sguardo di Paolino che inizierà a pensare “io non valgo niente, io non sono degno di amore, io non troverò mai un amico”.
Sappiamo dalle neuroscienze che fondamentalmente il dolore di un’esclusione sociale da un gruppo di riferimento attiva nel cervello le stesse aree cerebrali del dolore fisico, come a dire l’esclusione sociale fa male quanto una coltellata, quanto un pugno nello stomaco.
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