Montagne italiane senza più le iconiche croci in vetta. È quanto potremmo vedere – in parte – in un futuro non troppo lontano.
Il Club Alpino Italiano (CAI) ha annunciato di essere contrario al posizionamento di nuove croci sulle montagne in Italia, in quanto gesto ormai anacronistico e simbolo che non rispetta un “presente caratterizzato da un dialogo interculturale”.
Una presa di posizione che ha scaturito diverse polemiche, oltre che l’immediata reazione di parte della politica.
Tra i primi a rispondere, la Ministra al Turismo Daniela Santanchè, la quale si è detta “basita” da questa decisione.
Il CAI ha, allora, tenuto a precisare quale siano le proprie intenzioni, spiegando cosa accadrà alle croci già presenti sulle montagne.
A dare avvio alle polemiche è stato quanto emerso dal convegno organizzato il 22 giugno scorso presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano e durante il quale si è dibattuto sulle tematiche proposte nel libro “Croci in vetta in Appennino” di Ines Millesimi.
Un convegno a cui hanno partecipato il Monsignor Melchor José Sanchez de Toca y Alameda (relatore del Dicastero della Cause dei Santi, ndr), lo scrittore Marco Albino Ferrari (in rappresentanza del CAI, ndr) e il docente di diritto dell’Università Cattolica Marco Valentini.
Nel corso dell’evento, i presenti si sono trovati d’accordo sulla necessità di lasciare integre le croci esistenti sui monti italiani, in quanto testimonianza di uno “spaccato culturale”, ma allo stesso tempo di evitare l’installazione di nuovi simboli sulle cime.
Una tesi che il CAI condivide pienamente, come esplicitato anche in un articolo a firma di Pietro Lacasella e pubblicato il 23 giugno su “Lo scarpone”, il portale del Club Alpino Italiano.
Riassumendo i temi trattati nell’incontro sopra citato, nell’articolo pubblicato sul web il CAI ha ribadito di voler continuare a preservare le croci già esistenti sulle montagne italiane – come fa ormai da anni – e di non volerle rimuovere, seppure sia d’accordo nel disincentivare la collocazione di nuove croci in futuro.
Una scelta che ha provocato la reazione pressoché immediata di parte della politica italiana, tra cui la Ministra del Turismo Daniela Santanchè:
“Resto basita dalla decisione del CAI di togliere le croci dalle vette delle montagne senza aver comunicato nulla al Ministero. Non avrei mai accettato una simile decisione che va contro i nostri principi, la nostra cultura, l’identità del territorio, il suo rispetto. Un territorio si tutela fin dalle sue identità e l’identità delle nostre comunità è fatta di simboli che custodiscono nel tempo la storia e i valori. Invito il presidente del CAI a rivedere la sua decisione”.
A legarsi alle parole dell’esponente di Fratelli d’Italia è stata poi anche Francesca Caruso, Assessore alla Cultura della Regione Lombardia:
“Personalmente ritengo non condivisibile la posizione del CAI, che prevede di non innalzare più nuove croci sulle cime delle nostre montagne. Per me si tratta di una scelta sbagliata. Innanzitutto, dal punto di vista culturale, il simbolo della croce, specialmente in cima alle Alpi e agli Appennini italiani, è custode di una storia e di una tradizione che da secoli hanno contribuito ad arricchire l’identità del nostro Paese. In quegli scenari mozzafiato, che costituiscono un patrimonio paesaggistico e naturalistico di straordinaria bellezza, le croci possono costituire per tutti, al di là del proprio credo religioso, un elemento culturale, e talvolta anche artistico, che si incontra lungo i propri cammini. Sarebbe un errore compiere una scelta così netta, magari per allinearsi a una ‘moda’ o ad alcune posizioni laiciste più estreme. Le croci, così come tutti i simboli che caratterizzano l’identità di una comunità, dovrebbero essere strumenti di incontro, confronto e conoscenza anche tra diverse storie, tradizioni e confessioni religiose”.
Visto il clamore mediatico delle polemiche sorte intorno alla questione ‘cime in vetta’, il CAI ha deciso nelle scorse ore di pubblicare un nuovo comunicato su “Lo scarpone”, nel quale chiarire la propria posizione.
“Il Presidente generale del Club Alpino Italiano Antonio Montani, in riferimento a quanto pubblicato oggi [ieri, ndr] dalle agenzie di stampa, intende chiarire la posizione del CAI”.
Si legge nel comunicato, il quale poi prosegue così:
“Non abbiamo mai trattato l’argomento delle croci di vetta in alcuna sede, tantomeno prendendone una posizione ufficiale. Quanto pubblicato è frutto di dichiarazioni personali espresse dal direttore editoriale Marco Albino Ferrari durante la presentazione di un libro. Personalmente, come credo tutti quelli che hanno salito il Cervino, non riesco ad immaginare la cima di questa nostra montagna senza la sua famosa croce. Voglio scusarmi personalmente con il Ministro per l’equivoco generato dagli articoli apparsi sulla stampa e voglio rassicurare che per ogni argomento di tale portata il nostro Ministero vigilante sarà sempre interpellato e coinvolto”.
Queste le parole attraverso le quali il Presidente generale del CAI, Antonio Montani, ha cercato di smorzare ogni polemica, ribadendo come il Club Alpino Italiano non toglierà le croci già presenti sulle cime italiane.
Spesso viste come un simbolo di speranza, di vicinanza al cielo (o al divino) e di memoria (nei confronti di persone scomparse), le croci sulle vette delle montagne sono un simbolo culturale, storico e religioso.
Sono il traguardo da raggiungere dopo un percorso di grande fatica. La meta finale di un viaggio tra la natura.
Per questo, rimuovere le croci già esistenti “sarebbe come cancellare una traccia del nostro cammino”, come sottolineato dal CAI nel già citato articolo pubblicato su “Lo scarpone”. Esse rappresentano, infatti, “un’impronta a cui guardare per abitare il presente con maggior consapevolezza”.
Un presente “caratterizzato da un dialogo interculturale che va ampliandosi e da nuove esigenze paesaggistico-culturali”, aggiunge il CAI.
Per lo stesso motivo, per il Club Alpino Italiano è importante considerare anche il fatto di non posizionare più nuove croci, nel rispetto della diversità culturale oggi presente in Italia.
Le vecchie croci restano intoccabili, dunque.
Le nuove croci potrebbero non essere più collocate, invece.
Nel tentativo di accontentare sia il passato che il presente.
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