Dall’aviaria alla peste suina, ci sono rischi concreti anche per l’uomo?

Nelle ultime settimane, l’influenza aviaria e la peste suina africana sono tornate a far parlare di sé. Le notizie che parlano di maiali e cinghiali morti sono diventate più frequenti, così come quelle riguardanti l’abbattimento del pollame infetto. In Italia sono presenti 308 focolai di influenza aviaria in cinque regioni: Veneto, Lombardia, Friuli Venezia Giulia, Emilia Romagna e Lazio. La peste suina africana, un tempo presente solo in Sardegna, è invece diffusa in Piemonte e in Liguria. Di fronte a questa situazione può venire spontaneo chiedersi quali sono i rischi per l’uomo legati a queste patologie.

I rischi per l’uomo

La buona notizia è che la pesta suina africana non è trasmissibile agli esseri umani. Per quanto riguarda l’influenza aviaria, solo una piccola percentuale di ceppi del virus può infettare l’uomo. Il rischio, per quanto basso, non è inesistente e chi lavora a contatto con il pollame deve prestare attenzione alle principali fonti del contagio, come il contatto diretto con volatili infetti e superfici o materiali contaminati. La trasmissione della malattia da una persona all’altra non è impossibile, tuttavia è molto rara.

I prodotti derivanti dall’avicoltura non rappresentano un fattore di rischio, purché siano cotti in modo adeguato prima di essere consumati. Gli unici quattro sottotipi di virus aviari in grado di infettare gli esseri umani sono H5N1 (pericoloso per l’uomo dal 1997), H7N9 (dal 2013), H5N6 (dal 2014) e H5N8 (dal 2016). Tra i quattro sottotipi, H5N1 è quello che nel corso degli anni ha creato più grattacapi, soprattutto a causa della sua capacità di mutare con rapidità e acquisire geni da virus che infettano altre specie animali.

Nel corso di un’intervista a “La Repubblica”, Maurizio Ferri, veterinario dirigente presso la ASL di Pescara e coordinatore scientifico nazionale della Società Italiana di Medicina Veterinaria Prevenitva, ha sottolineato che non bisogna guardare con preoccupazione all’attuale “ondata” di influenza aviaria. “È molto contagiosa per gli animali ma non per l’uomo. Infatti, sebbene appartengano alla stessa famiglia e tipo, i virus influenzali aviari non sono in grado di trasmettersi con efficienza alla nostra specie. Possono farlo sporadicamente e in determinate condizioni, come è avvenuto in passato, in contesti ambientali caratterizzati da elevata promiscuità animali-uomo ed esposizione attraverso il contatto diretto con volatili morti o ammalati, oppure con superfici e materiali contaminati”, ha spiegato l’esperto.

L’impatto economico dell’influenza aviaria

Anche se i rischi per la salute sono ridotti, le due malattie possono avere un importante impatto economico. Negli ultimi quattro mesi, l’influenza aviaria ha costretto gli allevatori ad abbattere oltre 14 milioni di capi. La situazione è piuttosto grave in Veneto, dove il settore è stato messo in ginocchio. Le stime di Coldiretti indicano che i danni causati dall’influenza aviaria nella regione ammonterebbero a mezzo miliardo di euro.

La peste suina africana e i rischi per le esportazioni

In Liguria, invece, è l’influenza suina africana a causare problemi. Per evitare gravi ripercussioni sull’economia, Giovani Toti, il presidente della Regione Liguria, ha messo in “lockdown” i boschi delle provincie di Savona, Genova e Alessandria. “Non possiamo mettere a rischio un mercato come quello dell’export legato all’allevamento di suini, che in Italia vale sei miliardi”. Per limitare la diffusione del virus, che potrebbe fare dei gravi danni passando dai cinghiali selvatici ai maiali da allevamento, sono stati disposti vari divieti. Nei boschi delle provincie interessate non sarà più possibile dedicarsi ad attività come la pesca, la caccia, le gite, il trekking, l’escursionismo e la raccolta di funghi o tartufi.

Dopo una prima fase di monitoraggio si passerà alla delimitazione dei territori interessati e a una caccia di selezione che, secondo le stime, porterà all’abbattimento di circa 18mila capi. Un’azione necessaria per scongiurare l’esclusione dell’Italia dall’esportazione dei prodotti derivanti dall’allevamento dei suini.

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