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Aids, la storia di Antonio: “L’Hiv c’è sempre, anche se non se ne parla”

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“Io sono sieropositivo da quasi vent’anni, ero giovanissimo quando mi sono ammalato sia di Epatite C sia di Hiv. A Roma, uscito dal carcere, mi portarono allo Spallanzani dove iniziai la prima terapia”. Chi parla è Antonio, 45 anni, sieropositivo. Ex tossicodipendente, dopo un periodo in carcere ha scoperto la sua positività all’Hiv (il virus che causa l’Aids) ed è entrato in una comunità di recupero. La sua è una testimonianza importante, in una giornata come quella del 1° dicembre (storicamente dedicata alla lotta contro l’Aids), anche per gli ‘incroci’ con le conseguenze della pandemia di coronavirus, che vanno al di là dei numeri.

“In ospedale è cambiato tutto, la paura si sente”

Grazie alla Lila (Lega italiana per la lotta all’Aids) di Bari, Antonio ha trovato una vera e propria famiglia, come egli stesso racconta. “Dopo anni di terapie sono arrivato a prendere un solo farmaco, che mi dà meno effetti collaterali”, anche se “con i fastidi ci convivo, con le croste in testa e l’affaticamento”.

“Eppure il Covid non ci permette di fare i gruppi, mi manca tanto” aggiunge. Anche la cadenza dei controlli è molto diversa a causa della pandemia: “Mi controllano ogni sei mesi invece di tre, per fortuna i medici mi dicono che ho una buona carica negativa, questo va bene. Prima però andavamo in un reparto dedicato, adesso è cambiato tutto per via dei tanti ricoveri da Covid-19″.

I medici sono costretti a dedicare meno tempo a pazienti come Antonio, che ammette: “Mi sento più solo anche in ospedale. Prima c’era un’atmosfera più familiare. Adesso si sente la paura della pandemia.

“Hiv c’è sempre. Importante controllarsi”

Per Antonio è fondamentale, comunque, che non si abbassi la guardia contro un nemico, l’Hiv, che non è affatto scomparso ma sembra fare meno notizia. “L’Hiv c’è sempre – conferma –, soprattutto tra i ragazzi. Anche se se ne parla pochissimo”.

“Resta importantissimo controllarsi – conclude -. La positività all’Hiv fra i giovani sono tante, alcuni non sanno neanche di essere sieropositivi perché non presentano sintomi. Non si può abbassare la guardia, non dobbiamo difenderci soltanto contro il coronavirus”.

Redazione

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