Afghanistan, comunità in piazza
a Roma: “Salvate i nostri diritti”

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‘Afghan lives matter’: piazza della Repubblica a Roma è stata cornice del presidio organizzato dalla comunità afghana per protestare contro l’operato dei talebani in Afghanistan, dopo la caduta di Kabul.

Ricercati dai talebani: la richiesta dei loro parenti in Italia

Molti manifestanti scesi in piazza raccontano di avere familiari ancora bloccati in Afghanistan. “Non sento mio fratello da quattro giorni. Lui era scappato da un mese da casa, perché rientra nella lista dei ricercati dai talebani. Stanno per strada“, spiega uno degli organizzatori della manifestazione. “Salvate i nostri valori democratici e le nostre conquiste“, si legge in uno dei cartelli esposti dai manifestanti. “Diritti delle donne!“, è un altro dei temi caldi della mobilitazione.

Qualsiasi persona, in qualsiasi zona del mondo, sa cosa sta succedendo in Afghanistan. E tutto il mondo sa che noi non intendiamo cedere. E non siamo dalla parte dei responsabili di quello che sta succedendo. Un giorno ci sarà una giustizia che ci restituirà quello che abbiamo perso“, si sente dire al microfono. Prima che parta un coro a sostegno della popolazione vessata dai talebani.

La difficoltà dei contatti con l’Afghanistan

I contatti con i parenti rimasti in Afghanistan sono ora particolarmente complicati: “Li sento ogni tanto, se c’è la linea riesco a farlo – racconta una donna –. Li ho sentiti l’ultima volta due giorni fa. Se mi raggiungeranno in Italia? Purtroppo non è facile. Resteranno lì. E le donne devono rimanere dentro casa. Al momento non possono neanche uscire, e noi non possiamo farci nulla. Perciò oggi siamo qua, dobbiamo dire basta. Per le persone normali, che vivono normalmente, scappare è difficile“.

Io sono un mediatore e interprete. Ieri sera sono andato a lavorare a Fiumicino con le persone che sono arrivate ieri dall’Afghanistan. Hanno viaggiato per cinque giorni, e dovranno restare a lungo in aeroporto. Prima di uscire bisogna chiudere le loro pratiche. Sono appena tornato da lì e posso dire che avevano ancora paura. Soprattutto le donne. Ancora non si fidavano a girare la testa“, è un’altra testimonianza.

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