Alle 13:31 di domani, martedì 22 settembre, l’estate giungerà al termine nell’emisfero boreale. A dirlo è il calendario astronomico, che ci ricorda come nel 2020, anno bisestile, l’equinozio d’autunno cada un giorno prima del solito. Come molti altri termini legati all’astronomia, anche “equinozio” ha origini latine: deriva, infatti, da “aequa-nox”, che significa “notte uguale”. Nel primo giorno d’autunno, infatti, le ore di luce dovrebbero avere la stessa durata di quelle di buio in tutta la Terra. Ciò accade perché il Sole si trova sulla verticale dell’equatore, allo zenit, e i suoi raggi sono perpendicolari all’asse terrestre. Bisogna però tenere in considerazione che anche la distanza dall’equatore influisce sulla durata delle ore di luce, dunque è questo il motivo per cui ci sono delle differenze tra un punto e l’altro del pianeta.
Perché la data dell’equinozio d’autunno varia?
L’equinozio d’autunno non cade sempre nello stesso giorno. A causa degli anni bisestili la fine dell’estate può coincidere con qualsiasi data compresa tra il 21 e il 24 settembre. Anche l’orario in cui il Sole raggiunge lo zenit all’equatore è soggetto a variazioni, a causa della diversa durata dell’anno solare rispetto a quella del calendario. Gli esperti spiegano che solo nel 2092 l’equinozio d’autunno tornerà a cadere il 21 settembre.
Le stagioni meteorologiche
Oltre alla dinamica dei corpi celesti, esiste anche un altro metodo per determinare l’alternarsi delle stagioni, basato sulle variazioni delle condizioni meteo-climatiche medie. Chi lo segue, per esempio, fa coincidere l’inizio dell’estate col primo giorno di giugno, ritenuto un mese più estivo di settembre dal punto di vista del clima. Seguendo lo stesso principio, è possibile affermare che l’autunno si svolge da settembre a novembre, l’inverno da dicembre a febbraio e la primavera da marzo a maggio. Si tratta, ovviamente, di una semplificazione, che elimina tutte le variabili necessarie per calcolare l’equinozio d’autunno o il solstizio d’inverno.