A livello generale, nell’Unione Europea, il 10% degli alimenti immessi nel mercato viene perso o sprecato, con un costo stimato di circa 145 miliardi di euro. “Il 59% è attribuibile al consumo domestico (86 miliardi), con un costo medio di 354 euro per abitante sommando tutte le fasi della filiera“
Con 8,2 milioni di tonnellate di cibo sprecato e perso ogni anno, l’Italia si colloca al terzo posto in Europa, preceduta solo da Germania (10,8 milioni) e Francia (9,5 milioni). Un dato preoccupante che emerge dal focus “Spreco e fame 2025” realizzato dal Centro Studi Divulga in occasione della 12ª Giornata nazionale di prevenzione dello spreco alimentare (5 febbraio). L’analisi, basata su dati Eurostat aggiornati al 2022 e sulle rilevazioni Fao-Ocse (2021-2023) e Fao-Onu, fotografa una situazione allarmante: “Nell’Ue, i primi 3 Paesi rappresentano quasi la metà (47%) degli sprechi alimentari totali“.
Spreco alimentare: i dati
Tuttavia, se si considera lo spreco pro-capite, la classifica cambia radicalmente. A guidare questa particolare graduatoria sono Cipro, con ben 294 kg di cibo sprecato per abitante, seguita da Danimarca (254 kg) e Grecia (193 kg). L’Italia, pur restando al di sotto di questi livelli, registra comunque un valore superiore alla media europea con 139 kg pro-capite, posizionandosi all’11° posto.
A livello globale, secondo le rilevazioni del Centro Studi Divulga su dati Fao-Ocse, sono frutta e verdura a rappresentare il cuore del problema, con percentuali rispettivamente del 20% e del 33% sul totale degli sprechi. Seguono i cereali, che con il 23% si confermano come l’alimento più consumato e allo stesso tempo più disperso. Carne e latticini, pur costituendo solo l’8% dello spreco in termini di volume, hanno un’incidenza economica significativa, arrivando a rappresentare un terzo del valore complessivo del cibo gettato.
Il quadro diventa ancora più critico se si guarda alle previsioni future. “Se non assisteremo a un reale cambio di passo, entro il 2033 i dati su sprechi e perdite alimentari potrebbero peggiorare con una perdita aggiuntiva di cibo quantificabile in 230 milioni di tonnellate in più rispetto al periodo attuale“, avverte il Centro Studi Divulga. Un monito che suona come un campanello d’allarme sulla necessità di politiche più incisive per arginare il fenomeno.
Le conseguenze
Ma lo spreco alimentare non ha solo un impatto etico e ambientale: le conseguenze economiche sono altrettanto rilevanti. “Il cibo sprecato e perso è costato in media a ogni italiano 372 euro per un totale di quasi 22 miliardi”, rileva il Centro Studi Divulga in base alle rilevazioni su dati Eurostat aggiornati al 2022. In base a queste rilevazioni “il 76% delle perdite economiche per lo spreco di cibo, pari a 15,8 miliardi, si genera in famiglia tra le mura domestiche, mentre il restante 24% si suddivide tra commercio e distribuzione (8% pari a 1,7 miliardi), ristorazione (6% pari a 1,3 miliardi), produzione primaria (6% per un ammontare complessivo di 1,1 miliardi) e industria alimentare (5% pari a 965 milioni).”
A livello generale, nell’Unione Europea, il 10% degli alimenti immessi nel mercato viene perso o sprecato, con un costo stimato di circa 145 miliardi di euro. “Il 59% è attribuibile al consumo domestico (86 miliardi), con un costo medio di 354 euro per abitante sommando tutte le fasi della filiera“, spiega il Centro Studi Divulga.
Tra i Paesi europei con le peggiori performance sullo spreco alimentare, in base alla rielaborazione di Divulga su dati Eurostat, figurano Cipro (788€ pro-capite), Danimarca (680€ pro-capite), Grecia (517€ pro-capite), Portogallo (496€ pro-capite) e Norvegia (442€ pro-capite). Al contrario, tra i Paesi più virtuosi si segnalano la Slovenia (190€ pro-capite), la Croazia (193€ pro-capite) e l’Ungheria (255€ pro-capite).