Tribunale dei ministri, cos’è e come funziona

Giorgia Meloni sotto indagine per la liberazione di Njeim Osama Elmasry. Scopri il ruolo del tribunale dei ministri

Martedì la presidente del Consiglio Giorgia Meloni ha dichiarato di essere sotto indagine per la liberazione di Njeim Osama Elmasry, capo della polizia giudiziaria della Libia. Le accuse a suo carico riguardano favoreggiamento e peculato. Il rilascio di Elmasry sarebbe avvenuto con procedure anomale, destando perplessità e polemiche.

Tribunale dei ministri, ecco come funziona

La stessa Meloni ha contribuito a creare incertezza sulla vicenda, affermando ripetutamente di aver ricevuto un avviso di garanzia e attribuendo l’inchiesta al procuratore capo di Roma, Francesco Lo Voi, noto per aver indagato in passato su Matteo Salvini nel caso Open Arms. In realtà, la comunicazione pervenuta alla premier non è un avviso di garanzia, ma riguarda un passaggio procedurale diverso: non sarà infatti la procura di Roma a condurre l’inchiesta, ma il tribunale dei ministri.

Tribunale dei ministri, cos'è e come funziona
Tribunale dei ministri, cos’è e come funziona – ANSA – Newsby.it

 

Secondo l’articolo 7 della legge costituzionale numero 1 del 1989, il presidente del Consiglio e i ministri non sono indagati dalle normali procure per i reati commessi nell’esercizio delle loro funzioni, ma da un organo specifico: il tribunale dei ministri. Questo organismo, attivo in ogni Corte d’Appello, è composto da tre magistrati selezionati ogni due anni. In un’indagine ordinaria, la procura può decidere di non informare l’indagato, salvo necessità di atti che richiedano la presenza di un avvocato difensore, come un interrogatorio.

Nel caso del tribunale dei ministri, il meccanismo è differente. Se una procura riceve una denuncia contro un ministro, il presidente del Consiglio o un membro del governo, la legge numero 1 del 1989 impone di trasmettere immediatamente gli atti al tribunale dei ministri, senza effettuare alcuna valutazione preliminare. Successivamente, la procura ha l’obbligo di informare l’interessato dell’invio degli atti, ed è questa la comunicazione ricevuta da Meloni. Tale comunicazione, definita “iscrizione al registro delle notizie di reato“, non è un avviso di garanzia, che invece viene notificato solo nell’ambito di un’indagine formale.

L’inchiesta è partita da una denuncia presentata dall’avvocato Luigi Li Gotti. Gli atti trasmessi al tribunale dei ministri si basano essenzialmente su due pagine di esposto, contenenti frammenti di articoli di giornale sulla liberazione di Elmasry.

Ora il tribunale dei ministri ha un massimo di 90 giorni per decidere se archiviare il caso, trasferire gli atti a un’altra autorità giudiziaria qualora ritenesse che il presunto reato non rientri nelle funzioni ministeriali, oppure proseguire l’indagine. Nel caso in cui si prosegua, gli atti tornerebbero alla procura, che dovrà ottenere una autorizzazione parlamentare per procedere. Se la persona coinvolta è un deputato, come nel caso di Meloni, sarà la Camera dei deputati a decidere; se invece si tratta di un senatore, la competenza spetterà al Senato.

La decisione finale sull’autorizzazione è di natura politica. L’articolo 9 della legge costituzionale prevede infatti che la Camera possa negare l’autorizzazione se ritiene che il ministro abbia agito nell’interesse dello Stato o per un preminente interesse pubblico. In sintesi, l’ultima parola spetta al Parlamento.

Tuttavia, esiste un certo margine di discrezionalità. Non tutte le denunce contro membri del governo vengono automaticamente prese in carico dal tribunale dei ministri. Denunce considerate infondate possono essere archiviate direttamente dalla procura, che in questi casi è solitamente quella di Roma. Questo margine di discrezionalità è stato oggetto di critiche da parte di Meloni e del suo entourage, i quali accusano la procura di Roma di essere ostile al governo. Secondo loro, la semplice trasmissione degli atti al tribunale dei ministri dimostrerebbe un pregiudizio politico.

Nel video in cui annuncia di essere indagata, Meloni cita esplicitamente Lo Voi e definisce Li Gotti come un “ex politico di sinistra vicino a Romano Prodi“. Tuttavia, Li Gotti ha avuto trascorsi anche nell’estrema destra postfascista del Movimento Sociale Italiano.

Nel suo messaggio, Meloni conclude con toni risoluti: “Non sono ricattabile, non mi faccio intimidire. Probabilmente sono invisa a chi non vuole che l’Italia cambi e migliori. Per questo, continuerò a difendere gli italiani“.

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